Il cortometraggio documentario Con le nostre mani vuole raccontare la storia di Anna e
Giovanni, una coppia di coniugi che vive in un paese nel sud della Sardegna. Anna e Giovanni
sono sposati da ormai trentaquattro anni e durante la loro vita sono riusciti a togliersi qualche
soddisfazione: hanno una casa tutta loro che via via adattano alle loro esigenze, un figlio che si
è laureato anche grazie ai loro sacrifici, e una notevole autosufficienza guadagnata duramente
durante il corso degli anni. Quelli che ad altri possono sembrare traguardi normali per Anna e
Giovanni, affetti da poliomielite sin dai primi mesi di vita e quindi costretti ad utilizzare
stampelle e sedie a rotelle per potersi muovere, sono l’orgoglio di una vita vissuta a
combattere per far valere i propri diritti e superare tutte le barriere -architettoniche, culturali e
sociali- che hanno dovuto affrontare.
Ora, con l’invalidità che peggiora a causa dell’età (Anna è del 1953 e Giovanni del 1944), hanno
perso gran parte dell’indipendenza che avevano e si trovano ad affrontare dei nuovi problemi:
la necessità, mai avuta prima, di un aiuto domestico e al contempo la solitudine dovuta al fatto
di non potersi più muovere autonomamente come erano abituati.
Il loro desiderio è poter ritornare a Bosa, il paese natale di Giovanni sulla costa nord-ovest della
Sardegna, dove in passato hanno trascorso tanti momenti felici e dove vivono ancora dei
parenti che non vedono più da tanto tempo.
Con le nostre mani è un’immersione nella vita quotidiana di Anna e Giovanni, una
coppia di invalidi ormai anziani col sogno di poter fare nuovamente qualcosa che prima gli era
normale: salire in macchina e andare a riabbracciare i parenti.
Era l’agosto del 1967 quando una produzione all stars – protagonisti Elizabeth Taylor e Richard Burton, regia di Joseph Losey, sceneggiatura di Tennessee Williams, musica di John Barry, il commediografo Nöel Coward fra gli interpreti – si insediava in un angolo incontaminato della Sardegna, vicino ad Alghero, per dare inizio alle riprese di “Boom".Perché un film prodotto con budget altissimo per l’epoca, sotto l’ombrello dello Studio Universal, e che aveva tutte le carte in regola per diventare un successo internazionale, fu invece uno storico flop al botteghino? La risposta è nei piccoli e grandi dettagli inediti che emergono dall’intrigante ritorno su quel set, nella scogliera di Capo Caccia, ritrovando le tessere
di un puzzle complesso e sorprendente: le memorie e gli aneddoti dei protagonisti superstiti, intrecciate ai ricordi della gente del posto che fu coinvolta nella lavorazione del film; le potenti suggestioni di una location selvaggia e unica, dove venne costruita e poi distrutta una incredibile villa a strapiombo sul mare e che per tre mesi ospitò la coppia di divi più acclamata del pianeta; il racconto di un originale incontro artistico e l’atmosfera dei turbolenti e creativi anni Sessanta.